Periodico di informazione e cultura professionale dell'Ordine dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali di Milano

Selvicoltura e paesaggio: un esempio di valorizzazione di un’area boscata prealpina a fini turistico-ricreativi

Selvicoltura e paesaggio: un esempio di valorizzazione di un’area boscata prealpina a fini turistico-ricreativi

Selvicoltura e valorizzazione del paesaggio raramente si trovano accostati in unico progetto di recupero ambientale. Un originale intervento in un’area prealpina mostra le potenzialità di un approccio integrato in territorio montano

Foreste e fruizione turistico-ricreativa
Le foreste sono state storicamente una risorsa economica e sociale di tutte le aree alpine, prealpine e appenniniche. Il progressivo abbandono delle tradizionali attività selvicolturali finalizzate alla produzione di legname, particolarmente rilevante in aree prealpine, mentre pone molti interrogativi sulla loro gestione, apre anche altrettante possibilità se solo si volesse farle diventare un elemento strategico di valorizzazione del territorio. Le istanze di spazi aperti e vivibili nel tempo libero che provengono dalle conurbazioni, la facilità di spostamento che rende facilmente accessibili anche aree non immediatamente prossime alle grandi città e, non ultima, le necessità di porre in atto una strategia di promozione e valorizzazione dei centri minori, spesso caratterizzati da risorse naturalistiche, storiche, culturali e paesaggistiche uniche, è pertanto un tema di grande attualità che meriterebbe maggiore attenzione. Di norma prevale l’idea che la selvicoltura e la progettazione del paesaggio siano due mondi distanti, in certa misura opposti sebbene uniti dal fattore “verde”; l’una percepita quasi come una disciplina un pò agée, rustica, vagamente autoreferenziale, solitaria; l’altra moderna, raffinata, proiettata a favorire incontri, aperta alle contaminazioni dell’architettura.

Quando l’amministrazione comunale di Besano (Va) mi ha chiesto di sviluppare un progetto di valorizzazione del proprio territorio montano, appartenente all’area del Monte San Giorgio-Orsa Pravello, sito del patrimonio Mondiale dell’Umanità dall’anno 2010, fin da subito l’idea è stata quella di puntare alla realizzazione di un intervento che, nel rispetto del carattere dei luoghi, coniugasse l’approccio selvicolturale a quello della progettazione del paesaggio, fosse cioè un intervento di paesaggio nel bosco e non alternativo ad esso.

Uno studio paesaggistico preliminare ha permesso di individuare 4 temi identitari forti sui quali concentrare un’ipotesi di sviluppo e promozione dell’area: la “paleontologia” (tema che sta all’origine del riconoscimento Unesco), la “linea Cadorna”, le “miniere”, il “contrabbando”, individuando, nel contempo, anche alcuni luoghi specifici dove sviluppare successivamente concretamente alcuni progetti. L’intero territorio indagato, che ad uno sguardo superficiale ed esterno appare “solo un bosco”, è in realtà un vero crogiolo di valori, storie, percezioni, natura, nel quale è facile recuperare la pienezza del significato di “paesaggio” così come definito dalla Convenzione Europea di Firenze di 20 anni fa.

 

Contesto
Il massiccio del Monte San Giorgio è un unità geografica transfrontaliera Italo-Svizzera che raggruppa diverse cime incastonate fra due rami del lago Ceresio, tra cui, oltre il Monte San Giorgio stesso (CH), il Monte Pravello (cima di confine) e il Monte Orsa (I). Il riconoscimento dell’area italiana entro la World Eritage List dell’Unesco, che costituisce un’estensione di quello svizzero avvenuta nell’anno 2003, oltre ad essere una garanzia di tutela è anche una grande opportunità di sviluppo per le comunità locali entro la quale si colloca il presente progetto la cui copertura finanziaria è stata garantita da Regione Lombardia con la compartecipazione del comune di Besano e sotto il coordinamento della Comunità Montana del Piambello.

Si tratta di un’area in larga parte boscata che si sviluppa fra 300m e i circa 1000m della cima più alta all’interno della quale è rappresentata l’intera gamma di formazioni mesofile prealpine; Castagneti, Faggete, Orno-ostryeti e Acero-frassineti, localmente intercalati da formazioni secondarie (Robinieti, Coryleti)  inseritesi per effetto dell’abbandono delle attività agricole di montagna.

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La grande rilevanza paleontologica del Monte San Giorgio a livello mondiale è legata alla qualità dei ritrovamenti più che alla quantità, relativamente modesta rispetto ad altri siti mondiali. L’ambiente di deposizione particolarmente favorevole, costituito da acque calde, poco profonde e scarsamente ossigenate, ha infatti garantito un’ottima conservazione dei fossili che, depositatisi in fasi successive, si presentano ora su più livelli sovrapposti consentendo ai paleontologi di vedere una piccola “sequenza evolutiva” e non, come succede in prevalenza in altri bacini fossiliferi, un singolo “fotogramma”.

Sulla scorta degli esiti dell’indagine paesaggistica preliminare, d’accordo con l’amministrazione comunale si è puntato sull’elaborazione di un progetto di valorizzazione di due aree boscate localizzate a metà del versante, fra loro collegate ma molto diverse. La prima, in adiacenza al rio Ponticelli e raggiungibile con un sentiero direttamente dal paese, si presentava come un bosco, attribuibile al tipo forestale “Castagneto dei substrati carbonatici e dei suoli mesici”, pressochè inaccessibile per la presenza di un fittissimo piano arbustivo prevalentemente a Nocciolo che, in quanto specie tipica di una successione secondaria, né testimoniava un passato uso agricolo. L’andamento sostanzialmente pianeggiante all’interno di un versante di per sé invece molto acclive ed aspro la rendeva progettualmente un punto ideale ove collocare un’area a forte connotazione multifunzionale. La seconda, localizzata più in alto e raggiungibile a piedi lungo una mulattiera in ulteriori 15 minuti circa, era invece un luogo estremamente aspro dominato da una falesia rocciosa alta circa 8-10m alla cui base si aprono i cunicoli di accesso ad una miniera abbandonata (miniera delle Piodelle) di fronte alla quale il progressivo accumulo di scarti delle attività estrattive ha creato un terrapieno ed una valletta ormai perfettamente integrata nel paesaggio naturale dominato da boschi appartenenti alla categoria dell’”Orno-ostryeto". Un luogo certamente di alto interesse naturalistico ma soprattutto un luogo segno e memoria di duro lavoro e tanta fatica per chi da queste rocce estraeva lo scisto bituminoso destinato all’industria farmaceutica e alla produzione di combustibile per l’illuminazione dei lampioni di Milano.
 
 
Progetto
 
Approccio
Per creare un parco ci sono due possibili approcci: quello del pittore e quello dello scultore. Il pittore disegna su una tela bianca; mette dove non c’è per trasferire un’idea, un’emozione. Lo scultore parte da un blocco; toglie ciò che c’è di troppo per far emergere un’idea, un’emozione.
Questo parco, realizzato per la gente che vuole riscoprire e vivere il territorio di Besano, imponeva un approccio da scultore. Il bello era già dentro ma non si vedeva; al massimo s’intuiva; una specie di “selva oscura” nella quale, ed è la prima cosa che mi aveva colpito, il guardo era proprio escluso, aveva la profondità di un passo. Si poteva passare sul vicino sentiero e nemmeno immaginare che a pochi metri ci fosse un panorama così bello; si poteva passare di lì e, stando in mezzo a noccioli, rovi e ricacci di Robinia, non vedere le chiome di Querce e Carpini, Castagni e Frassini; si poteva passare di lì e non riuscire a cogliere la cascata sulla concrezione di calcare; si poteva passare di lì e non percepire pienamente il paesaggio delle miniere alle pendici del monte Orsa.
Queste riflessioni hanno animato il progetto che è stato sviluppato nel tentativo di portare alla luce e dare rilevanza a caratteri specifici di una bellezza nascosta che ne costituiscono il genius loci.
 
Area del Rio Ponticelli
Nell’area del Rio Ponticelli è stato condotto un intervento selvicolturale concepito come un diradamento basso di forte intensità a forte connotazione fitosociologica e fitosanitaria eliminando i soggetti di Robinia, le piante compromesse e quelle soprannumerarie, seguito da un arricchimento floristico della componente arborea con l’introduzione nelle aree più aperte di Acero campestre, Ciliegio, Acero montano e ulteriori soggetti di Carpino bianco. Lavorando per sottrazione, l’iniziale rigidità progettuale ha lasciato via via il posto alla necessità di armonizzare gli interventi infrastrutturali alle singolarità specifiche del luogo, cioè l’orografia, le piante esistenti, gli affioramenti di roccia etc. i naturali punti panoramici, il corso d’acqua, che, per come si sono manifestati dopo l’intervento selvicolturale, sono diventati così il vero fil-rouge dell’intervento, imponendo una direzione lavori particolarmente intensa e attenta.
Con questa forte caratterizzazione work-in-progress sono stati realizzati; un percorso interno all’area, fruibile da portatori di handicap che, in occasione di eventi, possono essere portati all’accesso del parco con mezzi di servizio lungo l’esistente strada militare; tre piastre in legno con affaccio sulla valle e sul meraviglioso lago di Lugano; una piastra multifunzionale coperta, pavimentata con pietra locale; alcuni punti di sosta sia di semplice seduta sia con tavoli-panca in pietra, legno e cor-ten realizzati su disegno.
 
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Sul vicino Rio Ponticelli, la cui visuale era totalmente preclusa prima dell’intervento, un intervento selvicolture associato al disalveo di alcune pools totalmente interrite e alla creazione di una ulteriore in prossimità dell’attraversamento del sentiero, hanno permesso di riaprire un cono ottico verso una affascinante cascata che scorre su una imponente concrezione calcarea, migliorando contemporaneamente l’habitat acquatico del Gambero di fiume (Austropotamobius pallipes) e della microfauna ittica. 
 
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La zona di accumulo dei detriti di cava, focus progettuale naturalmente destinato ad essere elemento di fruizione didattica oltre che genericamente turistica, è stata pertanto totalmente ripulita per consentire di vivere appieno l’asprezza del luogo attraverso un breve percorso pedonale sviluppato fra le pietre e un punto di sosta realizzati con l’esclusivo utilizzo del materiale locale secondo un design minimalista e austero che non ne stravolgesse l’identità.

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L’affaccio sulla valle è stato valorizzato con una piastra panoramica in legno, attrezzata con sedute in cor-ten,  poggiata su basamenti in gabbioni, anch’essi realizzati con pietra locale. 
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Il costo dell’intero progetto è stato di 200.000,00€ per una superficie di ca 1,5 ha con un’incidenza media di ca 13 €/m2.
 

Alessandro Nicoloso è Dottore Forestale, libero professionista